Indice
- Statue Stele
- Di che epoca sono le statue stele
- Come venivano realizzate le Statue Stele
- Cosa rappresentano le statue stele
- Il museo delle statue stele
Statue Stele
In prossimità dell’Eremo Gioioso, c’è un sito presso il quale sono emersi reperti archeologici databili ad alcuni secoli prima di Cristo.
La nostra speranza è che, un giorno o l’altro, possa rinvenirsi lì anche uno di questi affascinanti monumenti.
Le Statue Stele della Lunigiana sono antiche sculture in pietra, affascinanti e misteriose, riproducenti sembianze umane.
Affascinanti perché parlano di noi, di coloro che ci hanno preceduto millenni or sono.
Misteriose perché, malgrado i molti che si sono nel tempo cimentati per svelarlo nessuno ancora è riuscito ad individuarne con certezza la funzione.
A Pontremoli, sono state raccolto ben 85 Statue Stele rinvenute in Lunigiana.
E a buona ragione, ogni anno aumenta il numero di coloro che, provenienti da ogni parte del mondo, si recano presso il Museo in cui le statue Stele sono esposte, il Museo del Piagnaro, per poterle vedere.

Di che epoca sono le statue stele
Con le prime statue stele si esce dall’arte preistorica che fino ad allora si era limitata a dolmen, cromlech e menhir.
Le prime fra queste risalgono infatti all’età del rame, 4° millennio a.c. e l’uso di realizzarle si è protratto, poi, per circa 3 millenni fino ad arrivare all’età del ferro.
La parte superiore veniva lavorata affinché assumesse, sia pur rudimentali, aspetti antropomorfi mentre la parte inferiore non subiva nessuna lavorazione al di fuori di un rudimentale appuntimento.
Questa operazione era necessaria per renderle adatte ad essere conficcate nel terreno dal quale si voleva che emergessero mantenendo una posizione eretta.
Nello scorrere dei millenni, le tecniche di lavorazione si sono affinate, dando luogo a risultati finali contraddistinti da evidenti differenze sulla base delle quali si è proceduto ad una suddivisione in 3 diverse categorie:

Negli esemplari di Gruppo A, i più antichi, fra la testa ed il tronco l’unica cesura è un’incisione orizzontale tesa a farne percepire la separatezza.
Nelle sculture di questo gruppo già risultano distinguibili, sia pur con semplice stilizzazione, i tratti del volto, le braccia ed i seni. Questi ultimi ovviamente solo in quelle rappresentanti figure femminili.
Il ritrovamento più interessante relativo alle Statue Stele di gruppo A è avvenuto nel 1905, a Pontevecchio, nel comune di Fivizzano.
Qui sono state infatti rinvenute ben 9 di queste statue, 8 delle quali ancora integre e per di più ancora collocate nella loro posizione originaria, preservate nei millenni da una frana che, seppellendole, ne ha impedito l’asportazione ed anche la iconoclasta distruzione da parte dei rappresentanti dei conquistatori succedutisi in Lunigiana ed anche, infine, di un cristianesimo trionfante.
In quelli di Gruppo B, sono più curati i dettagli anatomici: volto, braccia e seni, sono messi in maggiore evidenza.
Peraltro la differenziazione più evidente riguarda la forma del capo.
Quest’ultimo infatti ora risulta ben separato dal tronco attraverso un restringimento, il collo, ed assume una forma semicircolare che allungandosi sui lati ne ha suggerito la definizione “a cappello di carabiniere”.

Infine gli esemplari di gruppo C. Questi si avvicinano ad una rappresentazione più realistica: la testa assume forma rotonda ed il masso in cui la statua viene ricavata non è più lavorato solo frontalmente ma presenta incisioni anche sui lati ed in alcuni casi (Zignago, Filetto II, Bigliolo) una serie di caratteri etruschi anche nella parte posteriore.

Negli esemplari di ogni gruppo, cosa normale per un popolo guerriero quali erano i liguri apuani, compaiono le armi: pugnali e asce, indistintamente in ogni gruppo. Mentre i giavellotti sono presenti solo negli esemplari di gruppo C.
Per quanto concerne le statue aventi a soggetto una figura femminile invece, le stesse, ma solo a partire dal gruppo B, sono adornate con monili: collane ed orecchini.
In assenza di altri elementi, questi particolari si sono rivelati particolarmente utili a stabilire una sia pur approssimativa datazione delle statue Stele.
Attraverso gli stessi si è infatti proceduto a comparare l’immagine stilizzata con oggetti reali rinvenuti negli scavi e, per i quali, una maggior ricchezza di elementi raccolti aveva consentito di datarli con una buona approssimazione.
Come venivano realizzate le Statue Stele
Le Statue Stele venivano realizzate lavorando grossi massi di arenaria macigno, una tipologia di materiale estratto da cave locali e spesso affiorante in molti luoghi della Lunigiana.
La lavorazione si effettuava attraverso battiture ed incisioni che, tenuto conto degli strumenti dell’epoca, sassi per battere e selce per incidere, doveva richiedere una certa abilità e non poco tempo.
Cosa rappresentano le statue stele
Qual’era la funzione assegnata alle Statue Stele? Qui si entra in un mistero che assilla storici, antropologi, archeologi e semplici appassionati da quando, nel 1927, lo storico lunigianese Emanuele Gerini dette pubblicità al primo ritrovamento avvenuto nei boschi di ZIGNAGO.
Un mistero che non si è sciolto neppure dopo il ritrovamento delle decine di Statue Stele rinvenute successivamente.
Cippi terminali? Espressioni puramente artistiche? Monumenti funebri? Rappresentazione di eroi divinizzati? Divinità celesti? Antenati meritevoli di essere ricordati? Eroi celebrati in vita? Indicatori di luoghi dedicati a specifiche attività quali cerimonie religiose o più prosaici scambi commerciali?
Finora ci si è limitati ad escludere le ipotesi meno probabili senza peraltro riuscire a fornire una risposta certa e definitiva.
Una difficoltà non banale nasce dal fatto che la maggior parte delle Statue Stele sono state ritrovate in un contesto diverso da quello originario.
La causa di ciò è da ricercarsi nel fatto che, dopo la sua affermazione, la religione cristiana si era dimostrata poco tollerante con tutto ciò che era stato oggetto di culto nei secoli precedenti.
Nel 658 il concilio di Nantes aveva ribadito la necessità di distruggere e interrare le statue devozionali in pietra, erette e venerate del passato, costruendo al loro posto dei templi cristiani.
Un’indicazione senz’altro seguita se ancora nel 752 uno di coloro che più si erano distinti nel compierla, tale Leodegar, per questa sua attività, veniva celebrato attraverso la realizzazione di una lapide marmorea che ne esaltava le gesta.
Una cosa ancora verificabile entrando nella chiesa di San Giorgio a Filattiera dove la lapide tuttora è esposta.
Dissoltasi quindi ogni connotazione simbolica e spirituale, alle statue stele o, ancor più spesso, ai loro frammenti residuali altro non rimaneva che il proprio prosaico valore d’uso.

Ed è così che non poche fra queste sono state reimpiegate nei modi più svariati: inserite talvolta in murature come semplice pietra o come elemento decorativo ma anche utilizzate come mensole, scalini, stipiti di portali, fontane, archi e finanche utilizzate in una chiesa.
Probabilmente, considerata anche l’ampia fascia temporale, circa 4000 anni, occupata dal fenomeno delle statue stele c’è del vero in ognuna delle ipotesi formulate ma, allo stesso tempo nessuna di queste sembra essere esaustiva.
Per meglio comprendere ciò un aiuto ci viene analizzando i luoghi in cui sono state rinvenute quelle che, almeno così si suppone, non sono mai state rimosse dalla loro collocazione originaria.
Trovarne alcune in tale posizione ha consentito di formulare ipotesi fondate.
Si è visto infatti che i luoghi in cui venivano posizionate queste statue erano valichi, crinali, guadi. Siti di transito ed in particolare snodi di convergenza viaria.
Posizionamenti utili ad ipotizzare che gli stessi potessero essere luoghi di scambio.
Ipotesi sostenuta anche dal fatto che l’economia stava subendo profondi cambiamenti.
Era diventata più vivace con l’affermazione della pastorizia e della lavorazione dei metalli.
Attività che andavano ad affiancare l’agricoltura, consentendo un primitivo accumulo di ricchezza.
Nello stesso tempo, però, questa evoluzione produttiva non poteva non trascinarsi dietro cambiamenti economici e sociali.
Agricoltura, pastorizia e manifattura creavano un surplus a differenza di caccia e raccolta che, e non sempre, garantivano solo la sussistenza.
La società si strutturava, nella stanzialità necessitava di capi capaci di regolarla ed al suo interno si creavano delle gerarchie fondate sulle qualità al tempo più apprezzate.

Gruppi, ed al loro interno singoli individui, andavano emergendo. Probabilmente quelli che, in un’epoca tutt’altro che pacifica, si erano dimostrati più coraggiosi ed abili in battaglia.
Eroi divinizzati quindi cui, pensando che sono cambiati i costumi ma non l’animo dell’uomo, viene naturale ipotizzare venissero dedicati monumenti celebrativi.
Si potrà obiettare: e le statue Stele dedicate alle donne? L’agricoltura, la pastorizia e l’esercizio delle armi erano tutte attività necessitanti di braccia per essere esercitate.
Per cui, sia pure in numero minore, non è singolare pensare che anche la fecondità venisse celebrata, magari attraverso un vero e proprio culto: quello della Grande Madre, in Lunigiana identificata con la dea Luna.
Una identificazione che doveva essere venuta spontanea a chi vedeva la luna progressivamente ingrossare, in ogni suo ciclo, così come avviene per le donne incinte.
Il museo delle statue stele
Il Museo delle Statue Stele nasce da un’intelligente e generoso atto anticampanilista di un colto ed appassionato studioso, Cesare Ambrosi.
Costui, sindaco di un piccolo comune Lunigianese, Casola, negli anni ’60 del secolo scorso ha allestito uno spazio in cui raccogliere i reperti che via via venivano trovati.
Non solo li ha raccolti ma li ha studiati, li ha catalogati, li ha ricollegati, attivandosi per datarli, contestualizzarli e individuarne il simbolismo.
Resosi conto che tale collocazione, per più motivi (la dimensione limitata del piccolo comune di Casola, la sua collocazione geografica marginale in Lunigiana e relativamente distante dalle principali vie di comunicazione ed anche la inadeguatezza degli spazi dedicati alle Statue Stele, rivelatisi in breve insufficienti a raccogliere i ritrovamenti che via via andavano susseguendosi).
Il dubbio: trattenere i reperti impedendone una collocazione capace di valorizzarli o dar loro uno spazio adeguato in altro territorio comunque in Lunigiana? affiorò solo per un istante nella sua mente.
Non esitò. Individuò nel castello del Piagnaro che incombe sull’abitato di Pontremoli il luogo ideale in cui raccoglierle e si attivò affinché ciò fosse possibile, come in effetti avvenne nel 1975.
La scelta si è rivelata lungimirante fin da subito ma ancor più risulta evidente, oggi, dopo che l’entusiasmo al tempo trasmesso dall’Ambrosi si è rivelato contagioso.
Animati da analogo entusiasmo gli amministratori di Pontremoli si sono adoperati per mettere assieme i fondi necessari a fare del Museo delle Statue Stele un luogo unico ed universalmente apprezzato.

Ne hanno affidato la riprogettazione allo studio dell’architetto Canali, firma apprezzata mondo museale per i suoi interventi in molti edifici storici di pregio quali la Galleria Nazionale di Parma, Santa Maria della Scala di Siena e il Museo del Duomo di Milano.
In questo caso, l’architetto ha avuto anche la fortuna di trovare condizioni favorevoli.
Ha potuto beneficiare di una situazione difficilmente riscontrabile altrove.
Non tutto nel vecchio castello era stato ristrutturato e ciò gli ha permesso di intervenire dove c’erano ancora spazi inaccessibili, destinati a precario ed incasinato deposito.
Spazi che, messi in sicurezza ma mai oggetto di una vera e propria riqualificazione, erano rimasti inalterati dal XV secolo.
Locali in cui pietre trasudanti secoli e secoli di storia, formavano volte a botte, lunette, si presentavano lavorate in eleganti peducci.
Accolte in tale spazio la maggior parte delle stele più antiche, quelle del gruppo A e quelle del gruppo B non potevano trovare collocazione migliore e, in questo dialogo fra testo e contesto, pietra con pietra, vedono rafforzata la loro già intrinseca capacità di emozionare il visitatore.
Le statue stele meno datate invece sono state collocate al primo piano affiancate da una serie di ambientazioni multimediali capaci di restituire molti aspetti di quella lontana epoca, attraverso percorsi guidati.
Infine, per ognuno degli ambienti espositivi è stato studiata sapientemente la parte illuminotecnica: luci che traducono in architettura la lezione che Michelangelo Merisi ha impartito in pittura.

A coronamento del tutto, quale meritato riconoscimento, allo studio Canali classificatosi al primo posto in una platea di ben 150 concorrenti, è stato conferito il premio Architettura Toscana 2017 relativo alla sezione Architettura/allestimento interni.

Comunque quella delle Statue Stele è una storia millenaria ma non una storia conclusa.
Nel 2021 sulle pendici del Monte Galletto è stato rinvenuto un esemplare perfettamente conservato e …