Scavi di Luni: un viaggio nel tempo!
Luni, capitale della Lunigiana: storia e leggenda
La storia di Luni è strettamente intrecciata con quella della Lunigiana, la porzione più settentrionale del territorio toscano, quella in cui si trovano le case vacanze dell’Eremo Gioioso.

Come appare subito evidente, peraltro, anche il toponimo “Lunigiana” che identifica questa porzione di Toscana, deriva dalla città di Luni che per molti secoli, ne è stata il centro politico, economico e religioso.
Un ruolo conquistato con la guerra e mantenuto poi anche con la diplomazia.
Dapprima infatti i romani, che dettero vita alla città, si impegnarono non poco in una feroce guerra che li vide vincitori contro le popolazioni locali: i Liguri Apuani.
Questi ultimi raggruppati in diverse tribù, erano insediati sul territorio e, per anni, avevano dato filo da torcere a quello che veniva considerato l’esercito più forte dell’epoca.
Si trattava, per lo più, di uomini esperti nell’uso delle armi che, per molti di loro era la occupazione principale.
Non erano pochi, infatti, quelli che, riunitisi in eserciti, andavano offrendosi quali mercenari in occasione delle frequenti guerre aventi per teatro le terre affacciantesi sul mediterraneo occidentale.
Declinato il dominio romano Luni divenne sede dei vescovi conti longobardi.
Questi, a loro volta, ebbero occasione di scontrarsi con i rappresentanti della famiglia Malaspina, i più noti e potenti fra i feudatari lunigianesi.
Più inclini alla mediazione rispetto a coloro che li avevano preceduti, però, i vescovi-conti trovarono modo di risolvere i conflitti, senza l’impiego della violenza, tramite accordi.
Il più famoso fra questi, ricordato come la pace di Castelnuovo, luogo in cui la composizione della controversia venne sancita, è datato 6 ottobre 1306.
In quella circostanza il vescovo-conte Antonio Nuvolone da Camilla si trovò a trattare con il grande poeta Dante Alighieri, delegato dai Marchesi Malaspina a rappresentarli nella cura dei loro interessi.
E’ pertanto comprensibile che, nel corso di tanti secoli in cui le vicende inerenti il territorio si trasmisero quasi esclusivamente per via orale, la storia sia andata arricchendosi di dettagli fantasiosi, i racconti siano stati enfatizzati o minimizzati tanto da non rendere sempre possibile tracciare un netto confine fra storia e leggenda.
Quella che è, incontrovertibilmente, provata è la data di fondazione di Luni, il 177 a.C.
Altrettanto certo è il fatto che a fondarla fu Roma durante il consolato di Tiberio Sempronio Bracco e Gaio Claudio Pulcro.
I Romani e la resistenza dei Liguri Apuani

Gaio Claudio Pulcro, peraltro, in concomitanza con l’edificazione della città di Luni, si impegnò in prima persona per sgominare definitivamente i Liguri Apuani.
Sparuti gruppi sfuggiti alla deportazione nel Sannio, che fece seguito alla rovinosa sconfitta subita nel 155 a.C., non abbandonavano un rabbioso desiderio di rivalsa che non rendeva del tutto sicure le vie di accesso alla città.
Definitivamente sbaragliata ogni forma di resistenza Luni ando sempre più acquisendo una importante dimensione anche in ambito commerciale.
Agevolata in questo anche dalla sua collocazione: in posizione strategica, alla confluenza del fiume Magra con il mar Tirreno, visse, per anni, un periodo di grande splendore.
Luni: un nome che ha dato origine a diverse interpretazioni
Questa felice condizione forse fu anche all’origine del nome “Luna” che venne attribuito alla città e che, nel contempo, venne dedicata al culto della dea che con lo stesso si identificava.
Una ipotesi suffragata anche dal fatto che la Dea Luna campeggiava al centro del frontone posto a decoro del tempio, ivi presente.

Realizzato in terracotta, lo stesso coevo alla edificazione di Luni, II sec. a.C., rappresenta un concilio degli dei, con la dea Luna affiancata da Apollo, da un’altra divinità maschile nuda e da due muse.
Peraltro, nella romanità, in quel periodo la Dea Luna era molto popolare, in virtù di un fatto prodigioso avvenuto a Roma: nel 182 a.C.
In tale occasione, le porte del suo tempio, quasi a sollecitarne la frequentazione da parte del popolo, si aprirono a causa di un turbine che dopo averle sollevate dai cardini, lasciò che si adagiassero presso il retro del vicino tempio dedicato a Cecere, la Dea dell’agricoltura.
Anche questo aspetto, peraltro, ha dato adito a diverse interpretazioni.
La più accreditata fra quelle formulate ritiene esserci un legame diretto fra il nome della città, il culto della Dea Luna, in essa praticato, e la sanguinosa e lunga guerra combattuta contro i Liguri Apuani.
- La dea Luna, nella mitologia romana era una divinità di secondo ordine. A associata alla dea Diana era anche considerata signora della natura selvaggia. A detta dei sostenitori di questa tesi, i romani che tanto credevano al fato ed al potere degli Dei, vollero renderle onore e lo fecero dedicandole la città. Un gesto riconoscente verso una Dea che si era dimostrata benevola favorendo la vittoria del loro esercito in un territorio caratterizzato dalla più selvaggia delle nature.
Un’altra ipotesi invece viene formulata sulla base di una tesi più romantica:
- In quel luogo, la Luna che si levava sul mare e con la sua luce gli conferiva spettacolari riflessi, induceva a far sì che la stessa venisse assurta a simbolo della bellezza.
Il contributo di Luni alla grandezza di Roma
Per anni Luni coniugò due aspetti funzionali alla costruzione dell’impero romano:
- Rappresentò un nodo strategico nella logistica a supporto delle truppe romane. In particolare quelle impegnate ad assoggettare e mantenere poi in tale condizione le province occidentali di Gallia e Spagna. Luni rappresentò infatti un presidio importante per garantir loro un costante approvvigionamento di cibo, armi, etc. A Luni si immagazzinava quanto necessario a tal fine, facendolo poi giungere agli accampamenti che ospitavano le legioni, sia attraverso la Via Francigena che caricandolo su navi destinate a solcare la più rapida e sicura via del mare.
- Ma il contributo di Luni fu importante anche sotto l’aspetto simbolico, nel consacrare le glorie dell’impero. Da Luni infatti salparono con continuità alla volta di Roma le navi cariche dei marmi apuani destinati alla realizzazione dei più grandi e fastosi monumenti celebrativi, fra questi:
- Colonna di Traiano: Questa colonna commemorativa fu eretta dall’imperatore Traiano per celebrare le sue vittorie nelle guerre daciche. Il fregio a spirale sulla colonna raffigura scene dettagliate delle campagne militari e della vita dell’epoca. La colonna stessa è realizzata in marmo di Carrara.
- Arco di Costantino: Questo grande arco trionfale fu eretto per celebrare la vittoria dell’imperatore Costantino I nella Battaglia del Ponte Milvio. Contiene riciclaggi di parti di monumenti precedenti e utilizza il marmo di Carrara per molte delle sue decorazioni.
- Foro di Traiano: Accanto alla Colonna di Traiano, il Foro di Traiano era un vasto complesso di edifici che includeva basiliche, biblioteche e una colonna commemorativa. Molte delle strutture erano rivestite in marmo di Carrara, con numerose sculture e dettagli decorativi.
- Pantheon: Sebbene il Pantheon fosse stato costruito prima dell’uso diffuso del marmo di Carrara, è degno di nota perché il suo rivestimento interno presenta alcune lastre di questo pregiato marmo. Il Pantheon è un tempio famoso per la sua imponente cupola e la sua architettura innovativa.
- Basilica di Massenzio: Questa imponente basilica, anche conosciuta come Basilica di Massenzio e Costantino, faceva parte del complesso del Foro Romano. Utilizzava il marmo di Carrara per le sue colonne e altre parti decorative.
- Ara Pacis: L’Ara Pacis Augustae, o “Altare della Pace di Augusto”, è un altare monumentale che commemora la pace stabilita dall’imperatore Augusto dopo le sue conquiste. Molti dei dettagli decorativi dell’ara erano realizzati in marmo di Carrara.
- Bocca della Verità: Anche se è un piccolo elemento, la Bocca della Verità è un antico disco di marmo di Carrara incastonato nel muro di una chiesa a Roma. Si credeva che avesse proprietà magiche, e divenne famosa per la leggenda che se una persona mentiva e metteva la mano nella bocca, questa si sarebbe chiusa.
- Colonna di Marco Aurelio: Questa colonna commemorativa, simile alla Colonna di Traiano, celebra le vittorie di Marco Aurelio nelle guerre marcomanniche. Anche se non è interamente in marmo di Carrara, presenta elementi decorativi in questo marmo pregiato.
Declino di Luni
A seguito della caduta dell’Impero Romano d’Occidente, nel V secolo d.C., anche Luni perse il proprio ruolo strategico e, quel che è peggio, venne meno il supporto fornito da Roma per garantirne la sicurezza.
La città fu più volte oggetto di incursioni barbariche da parte di Goti e Longobardi il che la rese, nel contempo, insicura e priva delle opere necessarie a garantirne la manutenzione.
In conseguenza di ciò andò innescandosi un circuito vizioso per cui il territorio, mentre andava spopolandosi a favore della vicina Sarzana, divenne insalubre e paludoso fino al crearsi delle condizioni di un suo completo abbandono.
Una situazione messa in evidenza dal fatto che anche il vescovo-conte a capo della diocesi di Luni, nel 1465, abbandonò questa storica sede, trasferendosi a Sarzana.
La leggenda della distruzione di Luni
Come molti dei luoghi che affondano le loro radici in un tempo remoto, anche Luni è oggetto di una leggenda tesa ad accreditare il suo abbandono non a ragioni socio politiche ed economiche bensì a due delle passioni più travolgenti che, sia pur in misura diversa, albergano in ogni animo umano: l’amore ed il desiderio di vendetta.
La leggenda è questa: Alarico, Re dei Visigoti, era in viaggio con il suo esercito alla volta di Roma, intenzionato a spogliarla delle sue ricchezze, come poi effettivamente avvenne.
In questa circostanza il sovrano, che era accompagnato dalla sua consorte, transitando sulla via Francigena che affiancava Luni, ebbe la non troppo felice idea di sostare qui per consentire alle truppe di ristorarsi.
Qui venne accolto da Lucio, principe della città che gli riservò grandi attenzioni ma…molte di più ne riservò alla bella regina la quale, da parte sua, si mostrò incline a ricambiarle.
In breve i due si ritrovarono ad essere follemente innamorati l’uno dell’altro e non potendo superare con la forza l’ostacolo rappresentato dalla condizione della donna, che era sposata con tanto ingombrante consorte, misero in atto un piano fondato sull’inganno.
Coinvolsero quindi il medico di corte che non ebbe difficoltà a stilare una nefasta diagnosi in merito alla salute della poveretta che, in virtù di una innata capacità recitativa, con i suoi lamenti e contorsioni lasciava presupporre una prossima fine dei giorni che ancora le sarebbero rimasti da trascorrere su questa terra.
Alarico, che non poteva lasciare il suo esercito privo di una guida, pur fortemente turbato non poté esimersi dal rimettersi in marcia.
Pochi giorni dopo venne raggiunto da un messo che lo mise al corrente dell’avvenuta morte di sua moglie.
Il re, ordinò subito che, pur in assenza della salma, venisse celebrato un solenne funerale e che, per giorni, non si udissero squilli di tromba e tanto meno canti e risate nell’accampamento.
Purtroppo, nella vita, allora come oggi del resto, non si è mai avuta mancanza di persone poco inclini a farsi gli affari propri ed, anche in questo caso…non mancò la spia,
Quando Alarico passò vicino a Luni, nella via del ritorno, venne avvicinato da un villano che, probabilmente desideroso di una ricompensa, fece al sovrano un colorito racconto in merito al modo in cui i due amanti erano soliti trascorrere le giornate ed anche…le nottate.
Mal gliene incolse, accecato dalla rabbia, Alarico sguainò la sciabola e, con un solo fendente stacco la testa dal corpo del poco accorto delatore.
Peraltro sorte non migliorevenne riservata ad ogni essere vivente, uomo, donna o animale, che le truppe, scatenate dal sovrano, scovarono all’interno della città di Luni.
Tutti furono passati a fil di spada, dopo di ché appiccato il fuoco in più punti, quella che solo poche ore prima era una città piena di vita, di celebrazioni, di feste e di commerci, venne trasformata in un cumulo di macerie fumanti.
In merito a questa leggenda, la stessa non si diffuse solo tra il popolo, attraverso la tradizione orale, ma venne accreditata anche presso la parte colta del Paese.
La riprese infatti Francesco Petrarca che, nel 1358, scriveva nel suo Itinerarium ad sepulcrum Domini nostri Iesu Christi:
Non procul hinc circa extremos fines Ianuensium Corvum famosum scopulum, et nomen a colore sortitum, ac paululum provectus, Macrae amnis ostia, qui maritimos Ligures ab Etruscis dirimit, supraque litus maris sinistramque ripam fluvii ruinas Lunae iacentis aspicies, si famae fides est. Aliud enim hac in parte nihil habeo magnum exemplum fugiendae libidinis, quae saepe non modo singulorum hominum, sed magnarum urbium et locupletium populorum ac regum opes fortunasque pessumdedit, licet huiusce rei exemplum maius et antiquius Troia fuit.
Traduzione:
Non lontano da qui, presso l’estremità de’ confini del Genova, il famoso scoglio di Corvum, e il suo nome deriva dal suo colore, e poco avanti, le porte del fiume Magra, che separa i Liguri marittimi dagli Etruschi, e sopra la riva del mare e sulla riva sinistra del fiume vedrai giacere le rovine di Luna, se si deve credere alla voce. Perché in questa parte non ho altro grande esempio che non sia quello di fuggire la lussuria, la quale ha spesso rovinato le ricchezze e le fortune non solo dei singoli uomini, ma delle grandi città e dei ricchi popoli e dei re, sebbene un più grande e più antico esempio di questa cosa fu Troia.
Ed, allo stesso modo e nello stesso periodo, troviamo analogo riferimento nel Dittamondo di Fazio degli Uberti che così ne parla:
Lussuria senza legge, matta e sconcia,
Vergogna e danno di colui che t’usa
Degna di vituper, tanto se’ sconcia,
Noi fummo a Luni, ove ciascun t’accusa,
Che sol per tua cagion veracemente
Fu nella fine disfatta e confusa
La cui interpretazione è questa:
la lussuria, senza regole, folle e sconcia, è vergogna e danno di colui che la pratica nonché degna di essere coperta di insulti poiché indecente. Noi ci trovavamo a Luni dove ognuno ti accusa perché, invero, fu solo a causa tua che questa città venne distrutta e la sua gente si disperse.
Scavi di Luni: la riscoperta dell’Antico Splendore
Da alcuni decenni una campagna di scavi archeologici sta progressivamente riportando in luce questa città.
Il Fascino dei Mosaici
Tra i tesori più preziosi della antica Luni si trovano una serie di mosaici magnificamente conservati. Queste opere d’arte, realizzate con grande abilità e attenzione al dettaglio, raccontano storie mitologiche e quotidiane dell’epoca. Osservando attentamente questi intricati disegni, possiamo intravedere le trame delle vite di coloro che abitavano queste terre secoli fa.

Particolarmente bello, fra gli altri, è quello policromo che impreziosiva la Domus Oceano, in cui è rappresentato il Dio Oceano fra delfini ed altri rappresentanti della fauna marina.
Come Raggiungere Luni

Luni è facilmente raggiungibile da parte degli ospiti delle case vacanze dell’Eremo Gioioso: il Nido ed il Convivio.
Poche decine di minuti in autostrada sono infatti sufficienti a percorrere i 56 chilometri che separano le due località.
La visita a questo luogo, peraltro, rappresenta un’esperienza unica.
All’interno del sito degli scavi di Luni, è presente una vasta collezione di reperti millenari: ceramiche, monete, statue e mosaici, che raccontano la storia e la cultura dell’antica città.
Ancor più suggestivo è il muovere i propri passi dentro una città millenaria i cui resti lasciano ancora intuire molto della vita che l’animava un tempo.
Percorrere il decumano e il cardo posando lo sguardo sui resti degli antichi edifici, fra questi:
- Il maestoso anfiteatro romano:

una struttura che poteva ospitare fino a 5.000 spettatori ed è testimonianza delle spettacolari manifestazioni dell’antichità. Veniva infatti utilizzato per rappresentazioni teatrali e musicali e oggi è possibile ammirare ancora la sua struttura, comprese le gradinate e l’orchestra.
- Il foro:
centro politico e commerciale della città. Uno dei punti di maggior interesse del sito. Uno spazio aperto destinato ad ospitare anche un mercato e un’area per la conduzione di affari pubblici.

- Il tempio:

dedicato alla triade Giove, Giunone e Minerva. Uno dei luoghi più sacri presenti a Luni del quale oggi rimangono i resti delle sue colonne e della facciata.
Tutto intorno poi ci sono le rovine di antiche botteghe. Queste offrono uno sguardo intimo sulla vita quotidiana dei nostri avi, residenti a Luni. Consentono di ipotizzare un tessuto di artigiani ed anche artisti delle cui opere poi si trova riscontro visitando il museo.
A loro volta le case private, che erano costruite attorno a cortili interni, offrono un’interessante prospettiva sulla vita quotidiana e sui gusti di questi antichi abitanti che abitavano edifici decorati con mosaici e affreschi, nei quali erano presenti stanze dedicate al riposo ed, ovviamente, anche alla cucina.
Una visita che è anche un modo per immergersi più in profondità nella scoperta della bellezza e della ricchezza di questo straordinario territorio chiamato Lunigiana.