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Pollera nera

Pollera nera: vitigno autoctono della Lunigiana

Pollera nera: un uvaggio che, molto diffuso nella Lunigiana antica, quella comprendente anche le 5 terre, a seguito della distruzione dei vigneti avvenuta a metà ‘800, a causa del flagello rappresentato dalla fillossera, è stato marginalizzato a favore di vitigni ritenuti più resistenti.

Il fatto che la Pollera sia uno dei cloni autoctoni della Lunigiana lo si evince scoprendo che una sua tipologia è denominata “Pollera Corlaga”.

Corlaga infatti è un borgo lunigianese collocato sulle colline soprastanti Bagnone.

Inoltre proprio Bagnone è citato in una memoria di Giovanni Antonio da Faye, cronista del “400 in cui si fa menzione di una rovinosa grandinata del 11/ 03/ 1448 che ha compromesso la vendemmia di Pollera nel Bagnonese.

Pollera: i diversi modi di utilizzarla nella vinificazione

Da alcuni anni, questo vitigno è stato riscoperto e reimpiantato ed ora sta rivivendo una nuova vita grazie alle sue apprezzate caratteristiche.

La Pollera nera produce grappoli cilindrici alati di media grandezza, con acini rotondi caratterizzati da bucce fini e delicate, alle quali la pruina conferisce una colorazione tendente al viola.

Raccolta all’apice della sua maturazione, durante le ultime settimane di settembre, quando la componente zuccherina in essa contenuta raggiunge il suo massimo livello e, comunque, nell’uva è ancora presente una buona acidità di fondo.

Un tempo impiantata in virtù delle rese abbondanti oggi viene sottoposta a pesanti processi di diradamento in vigna al fine di ottenere un prodotto qualitativamente migliore.

Tradizionalmente, ed ancor oggi è pratica diffusa, la Pollera nera veniva vinificata in assemblaggio con uvaggi di più forte struttura (Sangiovese, Merlot, Cabernet sauvignon), perché ritenuta poco adatta ad un passaggio nei legni e destinata alla produzione di vini leggeri, con una nota fruttata ed un colore abbastanza scarico, dovuto ad una scarsa presenza di polifenoli ed antociani nelle sue bucce.

In talune cantine però, attraverso la riduzione del numero dei grappoli sulla pianta e le buone pratiche adottate in cantina, le sue caratteristiche vengono lasciate esprimere al meglio eseguendo una vinificazione in purezza capace di esaltarne la morbidezza e l’eleganza del ricco bouquet di profumi che le appartiene.

Dalle vinificazioni più accurate esce quindi un prodotto complesso dove al profumo dei frutti rossi di bosco fanno da contorno quello di ciliegie marasche e di pepe nero senza peraltro che ciò impedisca di avvertire anche sfumature balsamico minerali.

I tannini, già strutturalmente non eccessivi vengono spesso ammorbiditi con un affina mento in acciaio o attraverso un contenuto passaggio in botti di rovere, utile ad ottenendo un prodotto capace di elargire una sensazione di elegante finezza.

Meno diffusa ma praticata da alcuni enologi coraggiosi è anche la vinificazione in bianco nella quale, all’olfatto, la mela e la pera prendono il posto della frutta rossa.

Altri infine, con buoni risultati, hanno ricavato dall’uvaggio della Pollera un vino passito, capace di ricevere anche l’apprezzamento di Veronelli.

Un vino che, ottenuto dopo aver lasciato prosciugare l’uva sui graticci per oltre tre mesi, si presenta con un bel colore ambrato, e ricco di profumi speziati accompagnati a quelli della frutta secca ed in grado di tener testa anche alla spongata pontremolese in cui la componente dolce è particolarmente accentuata.

Gli abbinamenti fra cibo e vino del territorio, come è ovvio che sia, trovano un maggior impiego della Pollera vinificata in rosso che ben accompagna carni bovine, carni ovine, selvaggina, formaggi stagionati ed anche stoccafisso e baccalà in umido.

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