
La Marocca di Casola: un pane intriso di una cultura contadina che tutt’oggi rende speciale questa terra.
Lunigiana: una terra in cui la vita era dura
La Lunigiana è stata per secoli una terra povera.
Una terra popolata da famiglie contadine cui poco rimaneva una volta pagato quanto loro richiesto dai signori che si succedevano nel governo del territorio.
Marocca di Casola: la sua origine
Queste condizioni, dure e difficili, hanno favorito il formarsi di una cultura comunitaria ed, allo stesso modo, hanno avuto anche riflessi in merito a quello specifico aspetto culturale che riguarda la gastronomia.
Nella Marocca di Casola questi aspetti sono presenti entrambi.
In merito al primo il proprietario del forno, che poi era anche il bottegaio del borgo, era incurante del fatto che per lui potesse essere o meno conveniente.
Dopo aver estratto il suo pane, concedeva l’utilizzo del forno alle donne del paese (non me ne vogliano le femministe ma, a quel tempo, solo le donne si dedicavano a questa attività).
Peraltro per far sì che tutte potessero fruire di questa opportunità ed anche per non sottrarre troppo tempo agli altri lavori, queste ultime, solitamente, non panificavano con cadenza quotidiana bensì una volta alla settimana.
In queste condizioni alla scarsità di materie prime andava coniugandosi l’esigenza di realizzare un pane capace di mantenersi il più a lungo possibile.
Nacque così la Marocca, in un territorio in cui abbondavano i castagneti: molta più farina di castagne che di grano, un filo d’olio e qualche patata utile a conferire morbidezza e ad agevolarne la conservazione.
Il risultato era un pane capace di conservarsi per diversi giorni ma, poiché scarso di glutine, risultava privo dei buchi di lievitazione, “ammaroccato” come si dice a Casola ed in tanta parte della Lunigiana.
Da qui il nome “Marocca”.
La Marocca accantonata negli anni del boom
Durante gli anni gloriosi, quelli del benessere, progressivamente la Marocca venne abbandonata e sostituita dai più invitanti pani bianchi.
Fabio Bertolucci e la passione per la tradizione
Questo prodotto della tradizione cadde in disuso e visse alcuni decenni di assoluto oblio fino a quando un giovane del luogo, Fabio Bertolucci, iniziò ad interessarsene.
Si documentò, parlò con gli anziani del luogo, iniziò a sperimentare per nulla scoraggiato dai molti che guardavano con scetticismo al suo progetto.
Oggi, la Marocca di Casola non è più l’utopico sogno di un giovane e romantico visionario bensì una bella realtà.
Peraltro attraverso la particolare cura dedicata al processo produttivo ed alla qualità degli ingredienti, Fabio ha saputo ingentilire il prodotto allineandolo ad un gusto che si è andato evolvendo nel tempo.
Oggi la Marocca di Casola non è più il pane da mangiare sempre e con tutto.
E’ invece un pane da degustare, in contesti e con abbinamenti specifici.

Un pane da gourmet
La dolcezza delicata conferitagli dalla farina di castagne ben si presta ad essere accompagnata con ricotta e miele DoP della Lunigiana ma, cosa che sarebbe impossibile fare se la sensazione dolce risultasse troppo accentuata, può riservare una piacevoli esperienza anche in abbinamenti timidamente contrastanti quali possono essere quelli con il lardo di Colonnata o con un prosciutto dolce di Parma.
Peraltro, con il preventivo accorgimento, di tostarla e cospargerla di burro, la Marocca di Casola, unita alle dolci acciughe di Monterosso, ben si presta ad un ottimo spuntino ancor più apprezzabile se accompagnato da un buon bicchiere di Vermentino dei colli di Luni.
Del resto Carlin Pietrini, che all’epoca era presidente di Slow Food, non ha tardato a riconoscere le qualità della Marocca di Casola inserendola nel novero dei prodotti da preservare.
Un altro riconoscimento poi è arrivato dai comunicatori della Ferrero che sulla stessa hanno impostato una campagna pubblicitaria nella quale questo pane viene proposto in abbinamento con il loro prodotto più conosciuto: la Nutella.
E’ doveroso infine aggiungere che nell’Italia prevalentemente contadina, quale era fino alla metà del secolo scorso, non erano pochi i luoghi in cui si producevano pani utilizzando anche la farina di castagne: il pane di Neccio in Garfagnana, il pane di san Martino in Liguria, il pane di castagne e noci in Calabria, il pane di legno, etc.
Contrariamente a ciò che avviene per la Marocca, però, in tutti questi la percentuale di farina di castagne era marginale mentre, la stessa, per la Marocca è l’ingrediente principale, quello che le conferisce un carattere unico.